“ Non incolpare il mondo. So quanto diventi scorbutico quando le cose non vanno come volevi tu, ma hai un grande cuore. È la tua natura, ci sei nato, non puoi opporti, sei semplicemente una brava persona. L’ho saputo la prima volta che ti ho visto, mi ha colpito come un fulmine. E ti ho amato da quel momento”.

Ho già parlato di Afterlife, la rivoluzionaria serie TV che affronta il tema lutto in un modo mai visto, scardinando le tematiche più comuni legate a questa drammatica esperienza e, soprattutto, andando contro la cultura della positività.

Quella che ci impone di essere sempre felici, sempre soddisfatti, sempre entusiasti di tutto quello che facciamo e di andare avanti davanti a qualsiasi problema, negandone la parte dolorosa.

Ecco, questo tipo di idee non fa altro che reprimere le emozioni reali che, non avendo modo di emergere, rimangono bloccate e si esprimono in altri modi meno funzionali.

Non è però di questo che volevo parlarti, se vuoi approfondire la tematica puoi leggere questo articolo https://www.restalamore.it/qualcosa-dentro-ognuno-di-noi-rimane-rotto-per-sempre-la-lezione-di-after-life/.

L’argomento che volevo trattare invece è il ricordo, l’eredità dopo la morte, quello che ognuno di noi lascia per chi rimane.

In Afterlife, ad esempio, Lisa, la moglie del protagonista, Tony, ha preparato per lui una serie di messaggi video con semplici istruzioni su come sopravvivere: lava i piatti, ricordati di dare da mangiare al cane, sii gentile con gli altri, non essere arrabbiato, ama di nuovo.

Questi messaggi, sommati insieme, danno a Tony una vera e propria eredità, un manuale d’istruzioni, diciamo, per attraversare il tempo che ha davanti senza il suo grande amore.

Il ricordo, però, come la maggior parte degli aspetti legati al lutto è sottoposto a un processo. Molti sono convinti che rimanere legati a chi non c’è più sia macabro, sintomo di una mancanza di accettazione della cosa, un legame morboso con il defunto.

È la stessa obiezione che vive la protagonista di P.S. I love you, un film romantico in cui la protagonista molto giovane, perde il marito, trovandosi prima del previsto ad affrontare la vita senza il suo più grande amore.

“Cara Holly, non ho molto tempo, letteralmente poco tempo. Sei andata a comprare il gelato e tornerai fra poco. Ma ho la sensazione che questa sia l’ultima lettera, perché mi rimane una sola cosa da dirti. Voglio dirti quanto mi hai toccato. Come mi hai cambiato. Mi hai reso un uomo, semplicemente amandomi, Holly. E per questo ti sarò eternamente riconoscente. Se vuoi promettermi qualcosa, promettimi che ogni volta che sarai triste o insicura o perderai completamente la fiducia, proverai a guardarti con i miei occhi. Grazie per l’onore di essere mia moglie. Sono un uomo senza rimpianti. Tu sei stata la mia vita, ma io sarò solo un capitolo nella tua. Arriverà molto altro, te lo prometto. Quindi eccoci qui: non avere paura di innamorarti di nuovo”.

Durante tutto il film, Holly riceve queste lettere e intorno a lei spesso si forma l’idea che sia strano, un po’ inquietante, che ci sia qualcosa di sbagliato nell’attaccamento a un passato che non c’è più.

Questo perché ci hanno convinti che bisogna andare avanti a qualunque costo e che i ricordi, al contrario, ci trascinino indietro, tenendoci incatenati al passato.

Non è così, il ricordo è invece l’ultima fase di elaborazione del lutto.

Non solo, il valore di queste lettere o video da chi non c’è più non riguarda soltanto la memoria, ma ha un’enorme importanza anche per liberarci dai sensi di colpa e affrontare la solitudine.

Quante volte ti è capitato, se hai già vissuto un lutto, di pensare “chissà cosa avrebbe detto papà”, “chissà se sarebbe stato orgoglioso”?

Ecco, queste lettere rispondono un po’ a tutte le domande che ci rimangono dentro quando a nostro malgrado cerchiamo di tirarci in piedi e camminare.

Spesso, quando perdiamo qualcuno, ci sentiamo come se stessimo parlando con un muro, dal quale vorremmo un abbraccio, una parola di conforto e continuiamo a chiedergli cose alle quali lui non potrà mai dare risposta.

“Come bevevi il caffè?”

“Cos’hai pensato quando sono nato?”

“Cos’hai provato quando mi hai visto diplomarmi?”

“Mi amavi?”

“Cosa ti dava fastidio di me?”

“Ti ricordi il nostro primo bacio?”

“Come faccio da domani senza di te?”

“Sono stata una brava mamma, un bravo papà, un bravo fratello?”

“Come dovrei affrontare questo problema?”

Sono domande che cadono nel vuoto.

Ed è per far sì che trovino risposta che Andrea Bizzotto ha scritto un libro. Sapendo che i suoi giorni si stavano purtroppo esaurendo e che molte domande sarebbero rimaste senza risposta e molti discorsi non ci sarebbero stati, Andrea ha deciso di mettere su carta le sue memorie.

In Storia di un maldestro in bicicletta, infatti, ha deciso di parlare dei suoi successi, dei suoi insuccessi, dei punti più dolorosi della sua vita e di quelli più felici, per lasciare a sua figlia, di soli due anni,  le risposte a tutte le domande che mai avrebbe potuto porre.

«Desidero che Giulia non dimentichi mai che è la cosa più importante e preziosa che ho, e la persona che più amo. Sono così fiero di essere il suo papà. Non sono uno scrittore ma non sono analfabeta e questo libro rappresenta una piccola parte di quello che sono ed ero. Spero che un giorno potrà leggerlo e filtrare il buono dal meno buono. Ti amo Giulia Grace».

Meno di duecento pagine, che forse non basteranno, ma che sono sicuramente un aiuto per chi deve vivere con un vuoto nel cuore.

Quello che in molti pensano è che il ricordo alimenti il dolore, ma non è così. Lo pensano perché magari quando vedi una foto o ti si stimola un ricordo, ti commuovi e una lacrima ti riga il viso. Il punto però è che quella sofferenza era già lì, non è creata dal nulla, non è qualcosa che il ricordo può far esistere all’improvviso.

Qualche anno fa ho preso l’abitudine di scrivere a distanza di un anno dalla loro perdita alle famiglie che si sono rivolte alla mia azienda per l’ultimo saluto ad un loro caro. Nella lettera spiego l’importanza di celebrare l’anniversario fornendo consigli su come trascorrere questa ricorrenza ricordando chi non c’è più.

Qualcuno mi ha chiesto: “ma così non è che glielo ricordi?”.

Ecco, io posso assicurarti che nessuno si può dimenticare di aver perso una figura importante, soprattutto durante ricorrenze come il Natale o la Festa del Papà, quando cartolerie e social esplodono di immagini di festeggiamento.

Lo stesso vale per tutti gli altri giorni dell’anno, nessuno si dimentica nulla, il modo migliore è vivere a pieno e nella maniera più dolce possibile quella sofferenza per portarne dentro i ricordi con noi.

Quegli stessi ricordi e il percorso che facciamo insieme a loro possono davvero aiutarci a fare pace con il nostro passato, soprattutto se abbiamo al nostro fianco la persona cara con le sue parole.

Per questo Andrea Bizzotto ha deciso di lasciare una lettera all’anno per ogni compleanno della sua piccola Giulia fino ad arrivare al 2036.

È lo stesso motivo che spinge il protagonista de “La corrispondenza”, uno splendido film di Giuseppe Tornatore che ti consiglio, a creare una sorta di viaggio che guidi la sua giovane amante nel suo percorso con l’elaborazione del lutto.

Certo, qualcuno potrebbe dire che sono solo film, almeno per la maggior parte, ma la realtà è che sono uno spunto meraviglioso.

Il conforto non è solo per noi  

Non si tratta solo di aiutare noi, in futuro, con le loro parole e i loro insegnamenti, ma anche di dare un conforto a chi sta vivendo con la terribile consapevolezza di quello che lo aspetta.

Lasciare un percorso, un’eredità storica e morale, rappresenta un gesto d’amore e di conforto straordinario per chi rimane, magari senza preannunciarlo, in modo che sia una piccola sorpresa, un ultimo piccolo regalo per chi ha tanto amato in vita.

A prescindere dall’effetto consolatorio straordinario che un regalo del genere può avere, c’è anche un altro lato positivo.

Chi se ne va, infatti, vive i suoi ultimi tempi con l’idea che sta lasciando qualcosa di non detto, non fatto, chiedendosi come vivranno gli altri dopo di lui, come affronteranno i dolori quotidiani, come sopporteranno l’assenza o tutti gli imprevisti che la vita ci mette davanti.

Scrivere delle lettere, preparare un video, lasciare in generale un ricordo è un ottimo modo per darsi un po’ di pace.

Una lettera di compleanno, una di Natale, una per i diciott’anni, un video su come affrontare le delusioni amorose, uno su come vestirsi per un appuntamento, come superare l’adolescenza, cosa scegliere all’università, come festeggiare la laurea.

Come affrontare un colloquio, come superare la fine della prima relazione, uno per gioire del matrimonio, per consolarla dai dolori.

Ovviamente non ci deve essere tutto, ma solo quello che sente necessario, che vuole lasciare dietro di sé.

Ho scritto questo articolo, come spesso faccio, per abbattere un po’ quel muro che copre di silenzio il lutto. Quel muro che si sdoppia e poi si sdoppia ancora fino a circondarci e isolarci nel nostro dolore, seppellendo i ricordi più faticosi da vivere e impedendo loro di uscire allo scoperto, di prendere forma e di trasformarsi in qualcosa di bellissimo che può sostenerci e aiutarci nella vita di tutti i giorni.

Se qualcuno al tuo fianco sta affrontando una malattia terminale o se tu stesso ti ritrovi in questo difficile momento, il mio consiglio è di scrivere, fare video, lasciare messaggi per il futuro.

Aiuteranno chi se ne va e chi rimane, ti permetteranno di rispondere alle domande, di fare compagnia nei momenti difficili e di lasciare un segno di te in chi hai davanti.

Per aiutare chi è in tempi difficili come questo, ho scritto un libro, Quel che resta è l’amore, che spero possa aiutarti a trovare conforto e a vivere il dolore nel modo più dolce possibile.

Penso possa essere utile ad abbattere quei muri dei quali ho parlato nell’articolo e contro i quali continuo a scagliarmi, puoi leggerne una presentazione qui https://restalamore.com/

Andrea Cavallaro

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