Alla fine di ottobre le città si riempiono di decorazioni di Halloween e i bambini si preparano a festeggiare questa ricorrenza, vestendosi a maschera e girando per le case per chiedere “dolcetto o scherzetto”.

Per chi sta vivendo il lutto per una persona cara o si sta preparando a salutarla (magari a causa di una grave malattia), può essere difficile guardare i simboli che ricordano la morte esposti ovunque, come lapidi, scheletri, fantasmi e così via. Si pensa spesso che siano le festività principali (come Natale e Pasqua) le più difficili da superare, ma la mia esperienza accanto a tante persone che stanno vivendo un lutto mi ha insegnato che questo periodo non è da meno.

Per chi amava questa festa può essere penoso rendersi conto che non si riesce più a viverla nel modo giocoso di una volta, mentre per chi non l’ha mai apprezzata o magari la considera addirittura una festa satanica, l’atmosfera diventa ancora più pesante e insopportabile.

Questo è perfettamente comprensibile e non devi sentirti a disagio se non hai alcuna voglia di addobbare la casa con zucche intagliate e indossare un costume spaventoso. Non devi neanche provare sensi di colpa se non riesci a partecipare ai preparativi degli altri, accompagnare i bambini di casa in giro per il quartiere o alla festa in maschera della scuola.

Il dolore può portare via la capacità di gioire per la gioia degli altri e non permettere a chi sta soffrendo per un lutto di supportare amici e familiari che invece hanno voglia di distrarsi. Potresti anche renderti conto che tra loro ci sono persone che sono state colpite allo stesso modo dalla perdita, ma il loro modo di vivere il lutto è diverso.

Come dico sempre, non esiste un modo giusto né un modo sbagliato, ciascuno di noi è diverso ed è giusto che affronti il dolore a suo modo.

Perciò sii indulgente con gli altri e soprattutto con te stesso e ascoltati molto. Se preferisci ignorare i simboli e le attività tipiche di questo periodo, sii sincero con le persone a te vicine e sono sicuro che capiranno. Se al contrario pensi che questi passatempi ti aiutino a stare meglio, concediteli serenamente.

Dopotutto, alle origini di questa ricorrenza ci sono delle celebrazioni per i defunti molto più vicine di quanto non si pensi alla sensibilità di chi sta attraversando il difficile percorso attraverso il lutto. Prima che diventasse una festa commerciale era un modo per onorare chi non c’è più, né più né meno degli altri rituali di lutto del mondo.

A questo proposito, voglio raccontarti varie tradizioni di cui ho letto, tutte incentrate sull’onorare i defunti e celebrare la vita delle persone care che sono andate via. Forse Halloween non fa per te, ma tra queste usanze potresti trovare qualche gesto in grado di darti conforto e aiutarti a vivere questo momento in modo un po’ più sereno.

Per esempio in Messico si celebra il famoso Dia de Los Muertos, l’equivalente del nostro giorno dei morti, il 2 novembre. Forse ne avrai già sentito parlare, questa ricorrenza ha avuto un posto centrale in uno degli ultimi cartoni animati della Pixar, Coco. In questo giorno le famiglie ricordano i loro cari estinti, creando degli altari in casa e decorandoli con fiori, candele e cibo.

Poi si recano al cimitero, proprio come facciamo noi nello stesso giorno. La differenza è che vivono questa visita in modo molto più festoso, organizzando una sorta di pic nic da consumare presso le tombe dei loro cari.

Questa tradizione esisteva già 3000 anni fa, durante la dominazione atzeca, ma fu considerata sacrilega dagli spagnoli quando arrivarono nel XVI secolo. La festa fu quindi modificata, per inglobare alcuni elementi del cristianesimo, ma sopravvisse. Gli occidentali che l’hanno provata concordano nel dire che si prova una sensazione di pace, ricordando qualcuno o celebrando la sua vita. Questa festa potrebbe sembrarti lontana dal tuo sentire, oppure potrebbe risuonare in te e diventare uno spunto per creare gesti e usanze che ti aiutano ad addolcire la tua pena.

Anche in Giappone ci sono dei rituali interessanti per celebrare i defunti. La festa di Obon, però, si svolge in estate, in corrispondenza del nostro ferragosto. Oltre a visitare il cimitero per pulire e decorare le tombe dei loro familiari defunti, i giapponesi accendono delle lanterne, le portano al tempio e poi le appendono fuori dalla porta di casa.

Le lanterne, secondo la loro cultura, servono a indicare la via per i loro cari estinti qualora volessero andare a far visita a coloro che sono ancora in vita. Alla fine della festa le lanterne vengono riportate al tempio, in modo da scortare le anime dei defunti verso il Paradiso. In alcune zone invece le lanterne vengono affidate al mare o ai fiumi, perché si crede che l’acqua sia una via privilegiata per l’aldilà. Si creano degli scenari molto suggestivi, con centinaia di lanterne illuminate galleggianti.

In Guatemala onorano una tradizione ancora più curiosa, organizzando il Festival de Barriletes Gigantes (festival degli acquiloni giganti), in cui si fanno volare dei grandi aquiloni costruiti e dipinti a mano nel corso dell’anno per onorare i defunti. Anche questa usanza ha 3000 anni di età e ha origine in un’antica credenza secondo la quale, attraverso gli aquiloni, si può comunicare con i propri cari che non ci sono più.

Sono solo alcuni esempi, ma hanno tutti un elemento in comune, su cui vorrei attirare la tua attenzione. In tante tradizioni, antiche e moderne, c’è un approccio più libero ai rituali per i defunti. Il dolore viene condiviso con la comunità e la vita della persona che è venuta a mancare viene onorata anche con passatempi allegri, banchetti e musica. In un certo senso sono rituali catartici, che permettono di vivere il dolore liberamente.

Contemporaneamente, da un punto di vista psicologico, danno la sensazione di poter controllare una situazione su cui ovviamente non si può avere alcun controllo. Gli studiosi concordano che i rituali sono utili ad aiutare le persone a dare un senso alla perdita. Credo quindi che ognuno di noi dovrebbe creare i suoi rituali, senza paura di “prendere in prestito” gesti o usanze da altre culture, se non riesce a trovare conforto nelle nostre abitudini. 

Qui in Occidente infatti la situazione è molto diversa. La comunità non ha un ruolo analogo nel lutto e i riti sono ridotti al minimo. Ci si reca al funerale per la messa e spesso finisce lì, oppure ci si limita a recarsi al cimitero per una breve visita.

L’aspetto peggiore però è che purtroppo non è soltanto una questione di usanze e tradizioni. Qui da noi (in particolar modo in Italia) chi soffre viene isolato e a volte anche mal visto. Il motivo è che le persone non sanno come gestire il dolore di chi hanno attorno. Anche quando qualcuno chiede “Come stai?” alla persona che sta soffrendo, la sensazione è spesso che non sia una reale domanda, ma più una  forma di educazione.

Cosa sia successo esattamente, io non lo so. Certo è che nella nostra storia abbiamo perso progressivamente la capacità di accogliere chi sta soffrendo e sostenerlo in quanto comunità. Viviamo vite più solitarie e spesso preferiamo soffrire da soli.

Credo che una parte della causa sia da ricercare nel fatto che abbiamo meno familiarità con il lutto. Oggi la scienza medica ha fatto passi da gigante e l’aspettativa di vita si è innalzata. Dentro di noi speriamo che il giorno in cui dovremo lasciare questa terra non arrivi mai e che i nostri cari possano restare al nostro fianco per sempre. Non fraintendermi, sono un grande sostenitore del progresso scientifico e spero che presto si possa trovare la cura a tante malattie che purtroppo ci portano a salutare persone amate prima del tempo.

È evidente però che, per gli occidentali, la morte non è più qualcosa di naturale e abbiamo difficoltà a gestire il dolore. Il nostro e quello degli altri. Forse ti sarà capitato di sentirti dire le classiche frasi tipo “Fatti forza”, “Passerà presto”, “Ti rifarai una vita” ecc. Possono sembrarti semplicemente frasi infelici e poco rispettose del dolore che stai provando, ma più di tutto ti fanno capire che la persona che ti parla non sa cosa dire.

Purtroppo sono tutte conseguenze della difficoltà che abbiamo oggi con il concetto stesso di lutto. Questo è uno dei motivi per cui scrivo questo blog e condivido i miei pensieri e le mie esperienze, raccolte in tanti anni di lavoro nell’agenzia di onoranze funebri della mia famiglia. Credo che sia giusto parlare di più del lutto, della perdita e della sofferenza e mi auguro che i miei articoli possano essere d’aiuto a chi passa di qui in un momento difficile della sua vita.

Un blog ovviamente non è lo spazio ideale per condividere discorsi più profondi, perciò ho scritto un libro, dedicato proprio a chi ha subito la perdita di una persona cara oppure sa che presto dovrà vivere questa triste esperienza perché sta affrontando quello che in gergo si chiama lutto anticipatorio.

Si intitola  “Quel che resta è l’amore” ed è il mio modo di essere vicino a chi sta passando attraverso il lutto. Credo che potrebbe essere una lettura confortante per te e aiutarti a vivere la tua sofferenza in modo più dolce. Se vuoi saperne di più, trovi la presentazione qui.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.