L’8 settembre 2022 il mondo si è fermato per la morte della regina Elisabetta II, sovrana molto amata e popolare non solo in Inghilterra. Decine di migliaia di persone hanno visitato la cappella funeraria e non si contano i messaggi di cordoglio.
Un vero e proprio lutto mondiale, che sembra incredibile se si pensa che la maggior parte delle persone addolorate per la sua morte non l’avevano mai incontrata.
Alcuni scienziati hanno indagato su questo strano tipo di lutto, che ci offre delle interessanti chiavi di lettura per comprendere anche la sofferenza che attraversiamo quando invece ad andarsene è una persona cara.
L’analisi verte sulla sensazione di vicinanza percepita (tecnicamente viene chiamata relazione parasociale) che sentiamo verso persone famose.
Si tratta di un rapporto molto particolare e soprattutto unilaterale, perché la celebrità non è cosciente dei sentimenti del singolo fan. Secondo gli psicologi queste relazioni parasociali sono fondamentali per lo sviluppo della nostra identità. Il bambino inizialmente ha come unici idoli i suoi genitori e i familiari più stretti, ma, man mano che cresce, inizia a sviluppare relazioni con altre persone, vicine o lontane che siamo.
Ciascuno di noi, da adolescente, ha provato dei sentimenti molto intensi per un cantante, una modella, un attore o un personaggio dello spettacolo. Anzi, al giorno d’oggi si comincia sempre più giovani ad ammirare e sentire vicini personaggi della tv, influencer o artisti. Con l’avvento dei social media le relazioni parasociali sono diventate quotidiane e centinaia di migliaia di follower si affezionano a personaggi famosi attraverso il web.
Il presupposto della relazione parasociale va ben oltre la semplice connessione, gli psicologi parlano proprio di identificazione. In qualche modo, insomma, fanno parte della nostra identità.
L’attaccamento a queste figure porta a provare dolore quando muoiono e questo sentimento è del tutto simile alla sofferenza che si prova per la perdita di qualcuno con cui si ha una relazione concreta.
Nel caso della regina Elisabetta questo è ancora più vero, perché il suo regno ha avuto una durata eccezionale (quasi 71 anni) e tantissime persone sono cresciute ammirandola e sentono quasi di conoscerla.
Il filosofo Michael Cholbi a questo proposito ha dichiarato su Nature.com: “Penso certamente che le relazioni parasociali possano dare origine al dolore. Non vedo perché dovremmo pensare che il dolore potrebbe sorgere e avere senso solo nel contesto delle relazioni reciproche”.
Se ci pensi un attimo ti verranno in mente tantissimi volti noti che hanno generato un’ondata di commozione al momento della loro morte. A partire da lady Diana, giusto per restare in tema con la corona inglese, per passare a celebrità del cinema, della musica o dello sport.
Il lutto per una persona famosa che è venuta a mancare è il dolore per la perdita di noi stessi, visto che sentiamo venir meno una parte della nostra identità. Il dolore è universale, è una normale risposta alla perdita e qualcosa che tutti noi sperimentiamo prima o poi durante la nostra vita. Tuttavia ogni dolore è diverso, perché dipende da quanta parte della nostra identità abbiamo lasciato andare insieme alla persona che non c’è più.
Il parallelismo con il lutto tradizionale è evidente, se hai perso qualcuno che amavi e che faceva parte della tua vita probabilmente conosci quella sensazione di incertezza. Ci si sente persi e molte persone faticano a ricostruire la propria vita perché hanno la sensazione di aver smarrito una parte di se stessi.
Non è l’unico elemento che accomuna le due esperienze di perdita. Infatti il lutto per un personaggio pubblico viene spesso criticato e stigmatizzato. Chi sta soffrendo viene incoraggiato a riprendersi rapidamente, a non rattristarsi più e a riprendere la propria vita.
Verrebbe da pensare che nel caso della morte di un coniuge, un genitore, un amico, un figlio o qualsiasi persona cara e vicina la situazione cambi, ma purtroppo non è così. Fin troppo spesso chi sta vivendo quel dolore atroce si sente dire frasi altrettanto dure. Spesso sono proprio le persone più vicine, quelle che più di tutte dovrebbero capire e ascoltare, a dimostrare di non saper gestire la situazione.
L’unico modo che riescono a trovare per mostrarsi vicine alla persona che sta soffrendo è dire frasi fatte come: “Cerca di reagire”, “Vedrai che passerà presto”, “Domani starai meglio” ecc. La differenza con i consigli che vengono dati a chi si sente a lutto per la morte della regina Elisabetta è praticamente inesistente.
La causa non è, come molti pensano, l’impoverimento dei valori o la scarsa sensibilità della gente. Si tratta di un preciso problema culturale, tutto italiano, che ha radici molto profonde.
Durante la Prima Guerra Mondiale, il governo italiano proibì le manifestazioni di cordoglio. L’intento era non deprimere i cittadini, ma l’effetto di quel provvedimento fu devastante. Nacque il tabù del lutto e da quel momento in poi divenne sconveniente mostrare il dolore.
Ancora oggi portiamo con noi questo fardello pesante. Piangere e mostrarsi sofferenti non viene visto di buon occhio. La regola è far finta di niente, che si tratti del lutto per una celebrità o di un lutto personale e molto più vicino.
Ecco perché alcuni suggerimenti, che gli psicologi hanno diffuso ultimamente per vivere meglio il dolore per la perdita della regina Elisabetta sono validi per qualsiasi tipo di lutto. Il loro scopo è aiutare tutti coloro che stanno soffrendo a lasciarsi attraversare dal dolore dolcemente (senza combatterlo o negarlo)
Il dott. Andy Langford, terapeuta cognitivo comportamentale e direttore clinico dell’ente benefico per il lutto Cruse, per esempio, ritiene che l’introiezione sia un utile strumento per vivere meglio la perdita. L’introiezione è un processo psicologico in base al quale riconosciamo e percepiamo alcune qualità della persona che non c’è più e cerchiamo di portarle con noi.
Molti fan di Elisabetta II hanno ammirato per anni il suo senso del dovere, la sua discrezione e determinazione. Il suggerimento per loro è di cercare di portare queste qualità nella propria vita, come tasselli della propria identità, come fossero un’eredità della Regina.
Il discorso vale per tutti noi, chiunque sia la celebrità la cui morte ci ha addolorato. In questo modo ricostruiamo quel tassello della nostra identità che era stato danneggiato dalla sensazione di perdita e, con il tempo, sentiamo che quella persona non se n’è mai andata. ma vive in noi.
Come puoi immaginare, questo approccio può valere anche per le persone care che ci hanno lasciato. Se stai vivendo questo difficile momento, riconoscere che il defunto ti ha insegnato qualcosa o è stato un esempio per te può aiutarti ad attraversare il lutto con un po’ più di serenità.
Un altro suggerimento che voglio darti riguarda la condivisione dei sentimenti. Quando ci sentiamo a lutto per una persona famosa sappiamo che manca una stretta connessione. Non ci sono aneddoti personali, ricordi comuni o esperienze condivise. Questo in qualche modo ci rende più aperti. Il dolore diventa collettivo, lo comunichiamo sui social e trasformiamo una sofferenza personale in un’esperienza collettiva.
Non voglio certo spingerti a condividere quello che provi con chiunque o di mettere i tuoi sentimenti online (a meno che non ti vada di farlo, ovviamente), ma anche tu potresti riflettere su quale sia la comunità che può accogliere e custodire il tuo dolore. Probabilmente ci sono altre persone che sentono la mancanza del tuo caro defunto e parlare o stare con loro potrebbe farti sentire meglio e aiutarti a gestire tutte le emozioni che stai provando e scoprire una via più facile per passare attraverso il dolore.
Ovviamente ci sono anche delle differenze notevoli tra i due tipi di perdita. Il viaggio attraverso il lutto per la dipartita di un familiare o di un amico dura molto più a lungo di quello per la morte di una celebrità con cui si ha una relazione parasociale. Entrambi i sentimenti di sofferenza sono reali, ma la forza del dolore non è paragonabile.
Ecco perché ti consiglio di non fermarti a questi semplici suggerimenti. Cerca di ascoltarti molto e di accettare il tuo modo di vivere questa perdita, ricordando che non c’è un lutto giusto né uno sbagliato. Se puoi cerca anche di essere comprensivo con le persone che sono intorno a te, ricordando che come te stanno vivendo il lutto nel loro modo. Credo che la tolleranza e l’amore siano il primo passo per dare nuovamente dignità alla sofferenza e demolire il tabù del lutto.
Inoltre, se senti di aver bisogno di aiuto non esitare a rivolgerti a uno specialista che possa guidarti in questo percorso.
Se poi sei alla ricerca di uno strumento più a portata di mano, ti consiglio di leggere il mio libro. Si intitola “Quel che resta è l’amore” ed è il mio modo di aiutare come posso le persone che stanno vivendo questo difficile momento. Non sono uno psicologo, ma ho raccolto tutta la mia esperienza al fianco di persone che hanno perso un loro caro (lavoro nell’agenzia di onoranze funebri della mia famiglia da quando ero ragazzo) e i miei studi amatoriali di psicologia del lutto.
Penso che questo libro possa essere per te un compagno di viaggio e aiutarti a vivere il lutto in modo un po’ più dolce. Se vuoi saperne di più, trovi la presentazione qui.