Il lutto è l’insieme delle varie reazioni e delle sensazioni, che sperimentiamo quando subiamo una perdita di qualsiasi tipo. Si può vivere un lutto non solo per la morte di una persona cara, ma anche per la mancanza di qualcosa di importante nella nostra vita. Per esempio dopo un divorzio, o un licenziamento, o dopo la perdita della casa, di un animale domestico o di un ruolo sociale.
Spesso questi eventi vengono considerati di minore valore e sottovalutati, ma si tratta di un errore perché possono provocare grande sofferenza. Ogni lutto, qualunque sia la causa, si esprime in vari modi e a vari livelli e analizzarli può aiutare tutti coloro che hanno subito una perdita a comprendere meglio cosa provano e a vivere quel dolore in modo più dolce.
Non sono un medico né uno scienziato, ma voglio mettere a tua disposizione quello che ho imparato sui cinque volti o livelli del lutto, grazie al mio lavoro nella società di onoranze funebri di famiglia, sempre al fianco di persone che hanno perso un loro caro, e grazie ai miei studi sul lutto e sulla psicologia della perdita.
Il primo livello, spesso trascurato, è quello fisico.
Il lutto può esprimersi in differenti modi, come per esempio perdita dell’appetito, insonnia, tachicardia, difficoltà a respirare ecc. Ci sono anche disturbi dell’apparato cardiocircolatorio e digerente che in molti casi non vengono ricondotti direttamente al lutto, ma ne sono una conseguenza. Si tende a minimizzare questi sintomi e purtroppo molte persone che stanno soffrendo non si sentono capite.
Eppure la scienza dice che di dolore ci si può ammalare. Ci sono molti studi che dimostrano che il dolore ha degli effetti sul fisico, creando infiammazioni, aumentando la pressione sanguigna e danneggiando il sistema immunitario. Numerose ricerche mostrano che il dolore emotivo attiva le stesse regioni del cervello del dolore fisico.
Una di queste, condotta da un team guidato dalla prof.ssa Anna Phillips (docente di medicina comportamentale presso la School of Sport, Exercise, and Rehabilitation Sciences dell’Università di Birmingham) indaga sulle ragioni scientifiche del cosiddetto “crepacuore”, una forma di malattia cardiaca, con gli stessi sintomi di un infarto, che colpisce spesso gli anziani dopo la morte del coniuge.
I ricercatori hanno scoperto che gli anziani in lutto presentavano un malfunzionamento nei globuli bianchi incaricati di combattere le infiammazioni. Inoltre, a causa dell’innalzamento del cortisolo (l’ormone dello stress) avevano un sistema immunitario più vulnerabile.
Un altro studio, pubblicato sulla rivista scientifica Circulation nel 2012 ha dimostrato che il rischio di infarto aumenta di 21 volte nel giorno successivo alla morte di una persona cara e di 6 volte nella settimana successiva. Una ricerca successiva, pubblicata sulla rivista JAMA Internal Medicine ha rilevato che il rischio di ictus e di infarto dopo la morte del coniuge resta elevato per un mese.
Il secondo livello di espressione del lutto è quello emotivo.
Si provano emozioni molto profonde e spesso difficili da spiegare come paura, solitudine, senso di vuoto, tristezza, senso di colpa, rabbia, a volte anche sollievo.
Sono sentimenti spesso in contrasto tra loro, che provocano preoccupazione e incredulità. Purtroppo molti ritengono ancora, soprattutto in Italia, che ci siano un modo “giusto” e un modo “sbagliato” di soffrire e alcune manifestazioni emotive del lutto sono giudicate inappropriate.
Così come non esiste alcuna regola nel modo di esprimere il lutto, non c’è una quantità “normale” di tempo per piangere. Il processo del lutto dipende da una serie di fattori, come la personalità, l’età, le convinzioni, lo stile di vita e la presenza di una rete di supporto.
Ognuno soffre in modo diverso, perciò se in questo momento stai soffrendo sappi che lo stai facendo nel modo giusto, semplicemente perché è il tuo. Forse hai sentito parlare delle cinque fasi dell’elaborazione del lutto (negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione), ma sono uno schema generale. Ogni persona attraversa queste fasi a modo suo, magari saltandone qualcuna o tornando indietro. Non ci sono obblighi né procedure.
È importante perciò che ti sforzi di essere indulgente con te stesso, di comprendere le tue emozioni, ascoltarti e (se ne senti il bisogno) farti aiutare.
Il terzo livello è quello mentale.
Anche qui entriamo in un campo minato perché quando si parla di salute mentale si tende a vergognarsi dei propri pensieri o a cercare di nascondere i sintomi del proprio malessere.
A causa della tua perdita potresti sentirti disorientato e confuso, come se ti trovassi in una vita che non ti appartiene e non riuscissi a riconoscere la realtà che ti circonda come tua. Potresti avere bisogno continuo di essere rassicurato o provare una spinta irrazionale a fare scelte che prima avresti escluso a priori. Oppure potresti sentire il bisogno di trovare una spiegazione per l’accaduto, di comprenderlo razionalmente, ma senza riuscirci.
Alcune persone sperimentano anche attacchi di panico, depressione o persino sintomi di disturbo da stress post-traumatico. Si pensa che quest’ultimo sia tipico dei veterani di guerra o di persone che hanno subito un’aggressione o si sono trovate in gravi situazioni di pericolo, ma può riguardare anche chi sta vivendo un lutto.
Quando si verifica un evento traumatico (e una perdita lo è a tutti gli effetti) diverse parti del nostro cervello entrano in azione per spingerci a sfuggire da questo trauma o a combatterlo. Per qualcuno questa sensazione di allerta diventa persistente e può durare anni. Oltre ad ansia e nervosismo può portare incubi ricorrenti, flashback intensi, pensieri sgraditi e paranoia.
Ancora una volta, non c’è niente di sbagliato o poco appropriato. La salute mentale è importante quanto quella fisica ed è assolutamente naturale prendersene cura, perciò non aver paura di chiedere aiuto se senti di avere questi sintomi.
Il quarto livello di espressione del lutto è spirituale.
Quando perdiamo qualcuno a cui vogliamo bene o viviamo un altro tipo di perdita, proviamo un grande senso di insicurezza. Siamo portati a farci domande sul senso delle cose e questo in alcuni casi può portarci a maturare convinzioni che non combaciano con la spiritualità che ci ha accompagnato fino a quel momento.
Il dolore, a seconda dei casi, può spingere una persona a mettere in discussione le proprie scelte di fede oppure a riscoprire una religione da cui si era allontanata, o anche a cambiare totalmente il proprio cammino.
La religione, in molti casi, può anche influenzare il lutto, modificando il processo che porta ad attraversare il dolore e trovare un nuovo equilibrio. In particolare, uno studio del 2007, condotto da un gruppo di ricercatori guidato dalla prof.ssa Gerhild Becker della Clinica Universitaria di Friburgo, ha preso in esame 5715 di diverse etnie e credenze spirituali, rilevando nel 94% alcuni effetti positivi della fede sull’elaborazione della perdita.
In questo momento potresti non sentirti più a tuo agio con le tue scelte spirituali, provare rabbia nei confronti di Dio perché non ha impedito la tua perdita o sentirti smarrito. Solo ascoltandoti e facendoti guidare dal rispetto per le tue emozioni e sensazioni potrai capire se si tratta davvero di un cambiamento del tuo percorso spirituale o se è soltanto un modo per esprimere quello che stai provando.
Il quinto livello è sociale.
Si tratta forse dell’aspetto più evidente, almeno per chi ti circonda e si preoccupa per te. Spesso le persone in lutto non riescono a interagire con gli altri come facevano prima della perdita. Notano aspetti positivi o negativi nelle persone che le circondano e possono sentirsi deluse oppure piacevolmente sorprese da alcuni comportamenti. Inoltre, potresti sentire il bisogno di stare da solo, o avere la sensazione di essere diverso da tutti gli altri.
La morte di una persona cara innesca spesso dei cambiamenti anche nelle relazioni sociali, tagliando ponti o aprendo nuove strade. In molti infatti sentono il bisogno di riorganizzare i loro contatti, e di frequentare persone diverse, magari accomunate da un dolore simile. Le vecchie conoscenze possono diventare sgradevoli o semplicemente si può trovare più difficile e faticoso interagire con loro.
Questo si verifica molto spesso quando c’è un dolore condiviso. Di solito quando una famiglia perde uno dei suoi membri ciascuno vive il lutto a suo modo e le varie modalità possono entrare in conflitto tra loro.
Spesso il dolore che si prova è così profondo da non lasciare spazio per la comprensione del dolore altrui, quindi si finisce per non capirsi e allontanarsi. Inoltre, molte persone tendono a spostare l’attenzione dalla sofferenza che provano e concentrarsi su altri elementi negativi, per esempio il comportamento sgradevole di qualcuno. Tutto ciò rende ancora più profonda la distanza tra le persone.
Anche in questo caso dovresti sentirti libero di circondarti delle persone con cui ti trovi meglio, o anche di restare da solo se lo desideri, ricordando però che avere una rete di supporto può essere un valido aiuto. Qualunque sia la tua scelta, però, ricorda che non deve per forza essere definitiva. Tra qualche tempo potresti provare il desiderio di metterti in contatto con persone che avevi escluso dalla tua vita ed è bene assecondarlo. Chi ti vuole bene saprà senz’altro capire perché ti sei allontanato.
Spero di averti aiutato a riflettere su quello che stai provando in questo momento e capire come stai esprimendo il tuo lutto in ciascuno di questi livelli. Si tratta del primo passo per stare meglio e vivere questo dolore con un po’ più di serenità.
Se hai voglia di approfondire queste tematiche ti invito a leggere “Quel che resta è l’amore”, il mio libro dedicato a tutti coloro che hanno subito una perdita o che si preparano a dire addio a un loro caro, gravemente ammalato.
Penso che possa darti conforto e aiutarti a vivere meglio questo periodo, per quanto possibile. Per leggere la presentazione vai su questa pagina.